La pollicoltura nella provincia di Firenze a metà del secolo scorso
Biodiversità legata al territorio
Le condizioni climatiche e di mercato della provincia di Firenze hanno favorito, verso la metà del secolo scorso, l’incremento quantitativo e qualitativo della pollicoltura. A San Lorenzo, nel sottosuolo del Mercato centrale, tutte le mattine, compresi i giorni festivi, era attivo un mercato avicunicolo. In quel periodo sono sorti molti pollai a carattere industriale, di selezione e moltiplicazione, oltre a incubatoi specializzati.
La pollicoltura fiorentina poteva essere divisa in tre categorie. La familiare, quella del Valdarno e l’Industriale.
La familiare (mezzadri e operai agricoli) utilizzava la popolazione avicola locale che veniva incrociata, in modo disordinato, con altre razze. Era male organizzata e gli animali erano trascurati da un punto di vita sanitario. L’indirizzo produttivo era rivolto alla produzione di uova e carne.
L’avicoltura del Valdarno, attuata a livello familiare e dai mezzadri, aveva come indirizzo produttivo quello della carne. Era ottenuta con l’utilizzo della razza locale migliorata. I sistemi di allevamento, alimentazione e igiene erano razionali e ben organizzati.
L’avicoltura Industriale e specializzata da un punto di vista numerico e produttivo era la più importante.
A Firenze, inoltre arano attivi diversi incubatoi: AVIMA, I.T.A.L.I.A., Montecuccioli e Valdarno. A Fiesole era attivo l’incubatoio Il Cipressino. Tutti producevano pulcini da carne anche autosessati.
Il Consorzio Agrario Provinciale importava pulcini dall’Olanda: sessati da carne (Livorno bianca x New Hampshire e Livorno bianca x Rhode Island) e sessati e non per uova (Livorno bianca, Rhode Island e New Hampshire)
(Nota redatta dal Dr. Picci Alberto allora Dirigente Zootecnico dell’I.P.A.)