La femminilizzazione delle uova
La storia dell’avicoltura italiana attraverso i documenti
La necessità di evitare il grave danno economico della perdita dei pulcini maschi dopo la nascita, ha spinto, negli anni ’50, studiosi e allevatori a cercare di influenzare il sesso nell’uovo mediante l’impiego dell’ormone femminile.
Nel 1952 l’Osservatorio Avicolo di Pescara era il solo allevamento italiano in grado di effettuare il sessaggio dei pulcini. Per la possibilità dell’accertamento precoce del sesso, venne incaricato, da una ditta tedesca di medicinali, di effettuare degli esperimenti aventi lo scopo di tentare l’individuazione del sesso.
L’ormone veniva iniettato nell’uovo pochi momenti prima di metterlo nell’incubatrice. L’immissione si effettuava forando il guscio in corrispondenza del centro della camera d’aria.
Nella perforazione, operazione abbastanza delicata, bisognava prestare attenzione per non intaccare la seconda membrana testacea, sottostante, che avvolge l’albume. Nel foro praticato, mediante un’apposita siringa, si iniettava la dose di ormone femminile. In seguito con cera calda, veniva otturato ermeticamente il foro del guscio.
Dopo 24 ore dalla schiusa i pulcini venivano sessati e la percentuale delle femmine variava dall’80 al 100%. Tale diversa percentuale era in rapporto alla dose di ormone femminile impiegato.
Durante il corso degli esperimenti si individuarono i seguenti inconvenienti:
- impiegando dosi elevate di ormoni la femminilizzazione si otteneva fino al 100%; i pulcini nascevano senza anomalie apparenti, crescevano vispi sino al decimo – dodicesimo giorno, dopo di che cominciava a formarsi una ulcerazione ai margini estremi della cloaca; l’ulcerazione aumentava sempre più fino a portare a morte un’alta percentuale di soggetti all’età di 20-25 giorni. Con dosi gradatamente minori la percentuale di mortalità, per ulcerazione della cloaca, diminuiva e diminuiva anche parallelamente la percentuale delle femmine nelle nascite.
- altro inconveniente era costituito dal ritorno dei caratteri mascolini nei soggetti trattati con dosi limitate di ormone. Per impedire il ritorno al sesso primitivo bisognava intervenire verso i due – tre mesi di età, con nuove somministrazioni di ormone.
Singolare è stata la super femminilizzazione ottenuta negli esperimenti eseguita presso gli allevamenti annessi al laboratorio di Francoforte.
Da una partita di uova trattate con ormone femminile sono state allevate oltre 400 galline. Durante il successivo anno di produzione alcune galline producevano due uova al giorno. Le due uova prodotte, nella medesima giornata, presentavano forma e dimensione nettamente diversa l’una dall’altra. Esaminate da un punto di vista anatomico le galline interessate al fenomeno, si riscontrò che queste presentavano due ovidotti. Il trattamento a base di ormone femminile, praticato prima sull’uovo e successivamente sui soggetti all’età di oltre due mesi, aveva stimolato nelle pollastre la formazione di un secondo ovidotto più piccolo del normale.